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sabato 1 aprile 2017

Attaccati al TAP! A chi serve il tubo?



La civile e pacifica protesta pugliese contro un’opera inutile e dannosa per l’ambiente e l’economia è giusta. La “protesta di Scanzano” docet.

Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) è il progetto di un gasdotto che dovrebbe portare il gas dal Mar Caspio all’Europa attraverso la Turchia, la Grecia e l’Italia, partendo dall’Azerbaijan. L’Unione europea ha riconosciuto al Tap lo status di “Progetto di Interesse Comune”. Vedono l’opera come strategica per l’Italia e per l’Europa cosi come il malaffare, che dietro questa enorme infrastruttura vuole curare i propri loschi affari. Già il Guardian nell’edicole dei giorni scorsi ha riportato l’esistenza di un rapporto di CEE Bankwatch sugli appalti per la costruzione del TAP, alcuni dei quali sarebbero stati aggiudicati da imprese (italiane) in odore di criminalità organizzata. 

Il costo dell’opera è stimato dai 4,5 ai 6 miliardi di euro. Un capitolo che rientra con un  finanziamento di circa 2 miliardi di euro che il consorzio ha chiesto ormai circa due anni fa alla Bei (Banca europea per gli investimenti) e che, secondo quanto risulta, è tuttora in fase di istruttoria.

Per gli esperti di geopolitica energetica come Roberto Ferrigno, gli investimenti del progetto diventeranno “spiaggiati”, cioè non ammortizzabili, in seguito alla caduta della domanda trainata dalla decarbonizzazione. Infatti tutti gli  scenari futuri in linea con i target europei e gli obiettivi di Parigi sul clima mostrano che la domandadi gas in generale calerà. Le rinnovabili e l’efficienza energetica stanno già oggi contribuendo in modo significativo alla sicurezza energetica europea riducendo il bisogno di importazioni di gas. L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima che la produzione di energia da impianti rinnovabili installati negli ultimi 10 anni ha permesso un risparmio annuale di gas equivalente al doppio della capacità d’importazione del corridoio sud (o 63% della capacità d’importazione di Nord Stream 2). Ecco un grafico che mostra questo.



Tra l’altro, la “decarbonizzazione”, ai fini dell’effetto serra, non può essere perseguita con il gas proveniente da migliaia di km (3500 nel caso Tap) essendo chiaro che le inevitabili fughe/perdite ed i consumi per il pompaggio pesano in una valutazione a “ciclo completo”,  calcolate secondo le normative  EPIA americane, fino ad uguagliare gli effetti (“serra”) del petrolio/gasolio (sempre a ciclo completo) che si vorrebbe sostituire in Italia col gas, sia nei trasporti che nel riscaldamento civile. Come noto una molecola di gas naturale equivale a 22/25 molecole di CO2 ai fini dell’effetto serra.

Alle considerazioni già evidenziate, aggiungiamo alcune riflessioni scambiate con Ugo Rocca, esperto di politiche energetiche, secondo il quale il Tap dovrebbe portare circa 19 mld di mc/anno, attorno al 2020/21, di cui solo 7 (o 9 secondo fonti più ottimiste) destinate in Italia. Tale portata, si ipotizza, potrà aumentare fino a 30 mld mc/anno dopo il 2030, di cui sempre solo una parte per l’Italia. Ebbene in ltalia si consumano circa da  50 a  70 mld mc/anno (70 negli anni di “punta”) mentre la  portata totale già disponibile in Italia con i metanodotti esistenti (da Russia, Algeria, Nord Europa) supera i 130 mld mc/anno. 

Non risulta pertanto utile il Tap, ma ne viene difesa la “differenziazione” delle fonti di approvvigionamento; di scarsa utilità secondo alcuni considerando sia i numeri citati sia che il gas proviene da campi di dimensioni non elevate (durata 10 anni secondo alcune fonti). Infatti già si ipotizzano collegamenti futuri con altri  gasdotti legati alla Russia come denunciato dal Senatore del M5S Gianni Girotto: la diversificazione delle risorse e delle vie di approvvigionamento gas tramite il Tap di fatto aumenterebbero la dipendenza dalla Russia e Azerbaijan, due regimi autoritari ad alto tasso di violazione dei diritti umani.
Il recente studio condotto dal prestigioso OxfordInstitute for Energy Studies sulla disponibilità di gas azero da qui al 2030 ha conclusioni che sono nette. Allo stato attuale e fino a quella data, l'Azerbaijan non ha a disposizione le quantità necessarie all'esportazione di gas verso l'Europa, con forse l'eccezione dei Balcani, anche se i volumi disponibili sarebbero irrisori e non impatterebbero sul bilancio totale delle importazioni della regione. 

La produzione di gas azera, infatti, verrà assorbita in massima parte dal mercato interno, dalla Turchia e dalla Georgia. L'opzione di acquistare gas turkmeno è anche nulla, per l'opposizione di Russia ed Iran alla costruzione del Trans Caspian Pipeline. Tra parentesi, ci sono discussioni in corso tra azeri e Gazprom per riattivare l'esportazione di gas russo verso il Paese. 

Sarebbe paradossale se, alla fine, il gas che arrivasse nel Tap fosse quello di Gazprom...Se
Foto dalla pagina FB dei 99 Posse

combiniamo le difficoltà di estrazione di ulteriori quantità di gas con gli attuali bassi livelli di prezzo, la costruzione del Tap si dimostra completamente inutile, anzi, economicamente ed ambientalmente distruttiva: il solito "lock-in" tanto caro alla Commissione europea, nell'ossessione di "diversificare le fonti di approviggionamento" per ragioni esclusivamente geopolitiche piùttosto che energetiche. E per imporre la gabbia allo sviluppo di un modello energetica che sta avanzando con la produzione e l'autoconsumo di energia rinnovabili, l'efficienza energetica e la generazione distribuita. Una rivoluzione ormai in fase avanzata che non potrà essere ostacolata.

Una protesta che non difende solo gli ulivi secolari del Salento ma l’idea di un modello globale individuato negli accordi sul clima di Parigi per salvare il pianeta.

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