"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza" di A. Gramsci.

martedì 16 novembre 2010

L'INCHIESTA DI FILIPPO MELE (GdM) Il parco archeologico di Termitito a Scanzano. "Il parco della vergogna".

E’ qui, su uno degli ultimi terrazzi appenninici della Basilicata, affacciato sul letto del fiume Cavone, a tre chilometri dal mar Ionio, il parco archeologico che non c’è più. Si tratta di quello di Termitito realizzato, sul finire degli anni 90 con soldi pubblici, circa un miliardo di vecchie lire, e poi abbandonato. Erbacce, incuria, desolazione, la fanno da padrone su questo altopiano al confine con il bosco di Andriace di Montalbano Jonico. Le foto che pubblichiamo sono state scattate ieri. Con difficoltà siamo riusciti a farci strada tra le erbacce incolte. Poi, sconfortati, abbiamo lasciato il sito che si trova in questo stato da anni. La Gazzetta è stata sempre testimone di questa situazione di profondissima incuria. A nulla, però, sono serviti articoli ed appelli. Termitito è stato dimenticato da tutti: Pro loco, Comune, Provincia di Matera, Regione Basilicata, Sopraintendenza ai beni archeologici, Ministero ai beni culturali, Governo. Da decenni. Per più legislature. E pensare che il progettista del parco è stato niente meno che quell’Antonio De Siena, ora sopraintendente ai beni archeologici della Basilicata dopo essere stato direttore del museo nazionale di Metaponto. E pensare che secondo alcuni insigni studiosi qui sbarcò Epeo, il falegname che costruì il cavallo di Troia e poi semidio tra indigeni ed achei. Epeo avrebbe fondato su questo pianoro la mitica città di Lagaria da tutti contesa nell’area della Magna Grecia appulo- calabro – lucana. Ma, tant’è… Gli scavi sono ricolmi di erbacce che si rinnovano, vigorose, al ritmo delle stagioni. Il pavimento di una villa romana, con pregevoli mosaici, è stato divelto dalla rigogliosa vegetazione spontanea. Così i muretti a secco delimitanti le antiche residenze ed i percorsi stradali e le cisterne. E la copertura in lamiera del grande silos dove, secondo il padre dell’archeologia lucana, Dinu Adamesteanu, venivano conservate le derrate alimentari commercializzate dai residenti con le popolazioni dell’interno è stata divelta e fatta a pezzi dalle intemperie. Tanto da mancare in molte sue parti. La recinzione in legno alzata alcuni anni fa è stata completamente distrutta e non è più riconoscibile. Animali randagi, serpenti, lucertole, ramarri, la fanno da padroni sull'ampio terrazzo. La scena che è apparsa ai nostri occhi ieri è stata, se vogliamo, ancora più squallida di quella delle altre nostre “visite” estive. Ma fanno ancora bella mostra di se, ad ogni modo, i cartelli del Ministero per le attività ed i beni culturali del cosiddetto “Progetto Mirabilia - Piano di comunicazione nazionale del patrimonio culturale”. Cartelli che testimoniano dell'importanza del sito su cui hanno vissuto gli indigeni dell'età del bronzo, poi i micenei, gli achei, i lucani, i romani. Gente che si rivolta nelle necropoli a vedere le condizioni in cui è stato ridotto il luogo da loro abitato secoli fa. Come si rivolta nella sua tomba Epeo. La vergogna di Termitito continua.
Da http://www.gianlucapizzolla.blogspot.com/

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