"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza" di A. Gramsci.

mercoledì 23 novembre 2016

Rassegnarsi è peccato




Trasmissione Che tempo che fa - Scanzano J.co 16 novembre 2003


Segue un mio articolo pubblicato sulla rivista Terre di frontiere in occasione del XIII anniversario della Protesta di Scanzano 13/27 novembre 2013






Sono trascorsi tredici anni dalle quindici giornate di civile e pacifica protesta di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, contro la realizzazione del deposito unico di scorie nucleari imposto dal secondo governo Berlusconi. Dal 13 al 27 novembre del 2003 è andato in scena un evento unico e straordinario. Lo ricordiamo in occasione del consueto anniversario.

Briganti al Campo Base -  novembre2003
Esiste il ricordo vivo, la narrazione continua di una storia piacevole che non si vuole e non si può dimenticare. Di quei momenti ci sono tracce ovunque: in Basilicata e non solo. In macelleria, dal tipografo, dal tabacchino, nelle case o nella sala stampa “Nassyria” del Senato della Repubblica, ormai simboli della bellezza di un racconto che ha lasciato un segno profondo. Un segno indelebile per chi ha avuto la fortuna, come me, di partecipare. Il 13 novembre verso le tre del pomeriggio eravamo in quattro davanti la porta del Comune. Con Nicola, Vittorio ed Antonello non avevamo idea da dove cominciare, ma sapevamo che era giusto. Una scintilla sufficiente per dar fiamma e fuoco ad una forza che nessuno riuscì a spegnere, neanche il governo Berlusconi di allora ed il Generale (Carlo Jean, ndr) a capo dell'operazione messa in atto per realizzare con urgenza il deposito di scorie nucleari in Basilicata, a Terzo Cavone, nel territorio comunale di Scanzano.

La sera del 13 novembre il Comune era presidiato da una comunità che non voleva rinunciare alla sua sorte e non avrebbe mai concesso nelle mani di altri il proprio destino. Non era la prima volta. Ma la terza volta che, nella stessa piazza, le “forze del bene” si scontravano contro quelle del “male”. I cittadini che lavorano nelle terre contro chi dagli anni Sessanta vuole realizzare nelle caverne di salgemma una grande discarica nazionale contro lo sviluppo agricolo e turistico del territorio. Volevano cancellare definitivamente l'ambiente, l'economia e la "cultura contadina" di un popolo, a volte brigante, che vive pacificamente nella culla della Magna Grecia. Un popolo coscienzioso e consapevole che la terra è nostra e non si deve toccare. Che non vuole perdere le sue tradizioni, i sacrifici e il lavoro ma, soprattutto, la lotta e l'"emancipazione sociale" conquistata con l'occupazione delle terre e la Riforma Agraria. La possibilità di distruggere il creato di più generazioni ha alimentato la protesta contro la decisione del governo di cittadini e istituzioni non solo locali.
In quelle giornate ho vissuto prevalentemente al presidio del comitato “ScanZiamo le Scorie”. Sui luoghi dove dovevano realizzare la discarica nucleare abbiamo realizzato un Campo Base in cui si svolgevano diverse attività funzionali alla protesta. Il tempo trascorreva veloce. La tensione e l'organizzazione ci facevano sempre compagnia. Come i topolini che giravano nelle tende in cui ci si accampava e il fuoco con il generatore per la corrente sempre acceso. Le tortiere di pasta al forno, di patate, di carne e le innumerevoli quantità di vino paesano ci facevano capire che potevamo sopravvivere a lungo anche fino allo scontro. Eravamo ormai una grande comunità unità nella lotta, che non si sarebbe rassegnata. Alcuni parroci pregavano spesso: <>.
Il 23 novembre 2003 la protesta “dei centomila” si mostrò con tutta la sua forza. In ogni città italiana o straniera dove viveva un lucano c’era un presidio contro la discarica. A Roma eravamo molto presenti con continue iniziative di “ScanZiamo le Scorie”, grazie ad un nutrito gruppo di giovani universitari: la vera spina nel fianco del Governo. Poi il 27, verso le due del pomeriggio, iniziarono ad arrivare le notizie della resa dell’Esecutivo e la conferma che <>. Seguirono i sorrisi, gli abbracci e le lacrime della vittoria. La soddisfazione di aver difeso la “cultura contadina” che ci appartiene. Di aver ripreso il governo del territorio. Nei giorni successivi rientrammo rapidamente nelle case. Riprendemmo subito la serenità della vita quotidiana in compagnia della nostalgia di quei momenti passati, ma con la consapevolezza di essere sempre vigili e pronti a lottare contro chi potrebbe riprovarci.