"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza" di A. Gramsci.

martedì 27 giugno 2017

Il petrolio Lucano non è più strategico per la nazione

Ognuno vede il bicchiere come vuole, ma oggettivamente il petrolio della Basilicata sparisce dalla SEN 2017 (Strategia Energetica Nazionale).

Questo non deve farci arretrare di un solo millimetro della necessità di portare avanti la chiusura delle attività

Come è stato fatto notare dall’intervento del Professor Alberto Clò sulla rivista “Staffetta Quotidiana”, il petrolio Lucano (e non solo) sparisce dalla strategia del Governo posta in consultazione pubblica con un documento nei giorni scorsi. L’unico riferimento alla Basilicata si ha a pagina 185: la produzione italiana di greggio copre solo il 6,2% circa della domanda domestica (era circa il 9% nel 2015), dovuta principalmente alle produzioni in Basilicata.

Il petrolio in generale in Italia non è più considerato un obiettivo strategico nonostante solamente pochi anni fa nel 2013 la vecchia SEN si riteneva fondamentale lo “sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali” che avrebbe consentito, vi si leggeva, di raddoppiarne la produzione (a circa 23 mil. tep) e la quota sul fabbisogno energetico (al 14%). Obiettivo recepito dal Governo di Matteo Renzi nella Legge di Stabilità del 2014 con il cd “Sblocca Italia” ove si riconosceva “l'interesse strategico e il carattere d'urgenza dell'attività upstream” 2 ma che ha visto la resistenza delle Regioni e di una forte opinione pubblica contraria espressa da un’ampia partecipazione attraverso il risultato del referendum.
Concessioni petrolifere in Basilicata

I motivi che portano a questa scelta potrebbero essere diversi, probabilmente anche legati ai danni ambientali e sanitari creati e alle inchieste giudiziarie che stanno caratterizzando questo tipo di attività.

Ricordiamo inoltre che nel prossimo quadriennio (2017-2020) scadranno 130 concessioni per un controvalore di canoni pari a 230 milioni (ossia oltre l’80 per cento dei canoni complessivi registrati per l’anno 2015). In questo scenario, in cui le concessioni perdono di rilevanza rispetto al ruolo che rivestivano nella precedente Strategia, l’interesse da parte del Ministero dello Sviluppo Economico potrebbe essersi quanto meno ridotto, tanto da riconsiderarne la necessità del rinnovo.

Vedremo! Cosa certa è che anche i petrolieri si adegueranno al cambiamento del mondo.

Di fatto il petrolio diventa meno importante in una Strategia Nazionale poco ambiziosa ed inefficace che si
inserisce in un contesto globale.  La SEN conserva il modello di generazione centralizzato alimentato dalle importazioni di gas con nuove infrastrutture come il TAP. E’ troppo timida verso il cambiamento del sistema energetico con la costruzione di un modello decentrato, alimentato dalla produzione e l’autoconsumo di energia rinnovabile, con interventi di risparmio ed efficientamento energetico.

venerdì 23 giugno 2017

Governo è soddisfatto. Sale il PIL in Italia ma non per gli agricoltori a Sud

Leggere i dati è sempre un esercizio complesso.

Prendiamo gli ultimi del 2016 su PIL (Prodotto Interno Lordo) ed occupazione pubblicati recentemente dall' ISTAT. Segnalano un aumento nazionale del PIL dello 0,9% ed un incremento dell'occupazione pari
Foto Fragola Candonga
all'1,3%, in linea con il dato del mezzogiorno.

All'apparenza sembrerebbe tutto positivo. Ma quando ci immergiamo nel particolare, in quello che ci riguarda, in ciò che ci interessa, l'umore cambia. Focalizzando l'attenzione sulle cose a noi più vicine, sul luogo in cui viviamo e lavoriamo, e ci rendiamo subito conto che non è per niente tutt a post. L'agricoltura al Sud ha subito una fortissima contrazione dello sviluppo con un - 4,5%.

Un dato che dovrebbe far alzare un grido di giustizia da parte delle migliaia di aziende agricole che operano al sud. Un grido che risponda alla propaganda del Ministro Martina e ai tweet del Ministro De Vincenti, soddisfatto della "politica meridionalistica degli ultimi 1000 giorni da i suoi frutti". Si accontenta di poco o forse sapeva che nel 2015 il PIL dell'agricoltura nel Mezzogiorno è cresciuto di ben il 7,3%. Forse non è a conoscenza del drastico calo dei prezzi che ha colpito il settore dell'ortofrutta nel 2016.
Manifestazione per l'occupazione delle terre

Credo che Martina e De Vincenti dovrebbero dare risposte urgenti per spiegare questa inversione di tendenza nel settore agricolo del sud. Perché nonostante i loro annunci al sud l'agricoltura è sofferente?

Nei prossimi giorni in Senato incomincerà l'esame del DL Mezzogiorno. Auspichiamo che si dia il giusto spazio alle policy agricole e non si pensi sempre ai soliti noti.

L'agricoltura è un settore di estrema rilevanza nell'ambito dell'economia nazionale, nella gestione e nella tutela del territorio. Secondo i dati dell'Ires Basilicata/CGIL, nel 2016 il 50% degli occupati in agricoltura sono stati nel Mezzogiorno (395.701 gli occupati al sud rispetto ai 799,154 in Italia). In Basilicata l'agricoltura nel 2016 ha occupato 13.286 con 11 mila aziende ortofrutticole (25mila ettari) presenti nel territorio.

Un giacimento che nei prossimi giorni subirà un altra mazzata con la ratifica nel parlamento italiano del CETA (trattato di libero scambio tra il Canada e Unione Europea) attualmente rinviata. Un trattato che nei prossimi giorni, oltre all'opposizione del Movimento 5 Stelle, di SEL e della lega Nord, deve trovare la forte opposizione di tutti gli agricoltori che devono sentirsi realmente protagonisti della mobilitazione.

Maggiori informazioni sul CETA  clicca qui

domenica 18 giugno 2017

I prezzi dell’ortofrutta sono in caduta. Ma chi difende gli agricoltori in Basilicata?

Dai dati raccolti, emerge che in Italia la riduzione dei prezzi ortofrutticoli prosegue dal 2015.  
Le freccette rosse in figura sono i dati ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo
alimentare) che rappresentano un vero e proprio bollettino da guerra per le aziende agricole che producono frutta: al 2 giugno i prezzi medi all'origine della frutta rispetto a quelli dello scorso anno, per le albicocche hanno subito una variazione pari a un calo del 41,2 per cento, per le pesche pari a meno 36,9 per cento, per le ciliegie pari a meno 43,7 per cento, per le nettarine pari a meno 44,1 per cento. Ricordiamo che anche la campagna delle fragole non è andata meglio.

La riduzione dei prezzi ortofrutticoli colpisce anche il cuore della Regione Basilicata in cui sono presenti 11 mila aziende ortofrutticole (25mila ettari), in buona parte nate successivamente alla riforma agraria e motore di crescita e sviluppo economico dell’area del Metapontino. Sono un nutrito numero piccole imprese agricole  “fatte di frutta”, che producono  beni di qualità che vengono esportati nei mercati italiani e nel mondo. Un settore di elevato valore economico che alimenta la cultura rurale regionale.
Nonostante il problema sia fortemente sentito direttamente dalle numerose aziende agricole presenti in Basilicata la politica non ha dato risposte. Non si sentono le organizzazioni, i sindacati e i rappresentanti politici. Ma neanche i diretti interessati, che sono gli imprenditori agricoli. 


Seppur meno rilevante in termini economici ed occupazionale, il rischio della chiusura del comparto petrolifero in Basilicata (in seguito allo sversamento del petrolio del COVA – ENI), nel quale sono occupati solamente circa 2000 persone compreso l’indotto, nutre una maggiore attenzione rispetto alla crisi dei prezzi in agricoltura che se non verrà affrontata con urgenza rischia di colpire (non 2000) ma migliaia di piccole aziende ed accupati. 


Gli imprenditori agricoltori farebbero bene a mobilitarsi per chiedere e ricevere dai loro
Scanzano J.co 1960 - Sciopero di braccianti e assegnatari
rappresentanti la giusta attenzione cosi come viene riservata per gli altri settori.


Intanto in ambito parlamentare il problema è stato posto al Ministro dell’Agricoltura Martina da parte del Senatore del M5S Gianni Girotto attraverso la presentazione di un’interrogazione nella quale si chiede quali siano le cause che abbiano determinato la riduzione del prezzo di origine per numerosi prodotti del settore ortofrutticolo e quali interventi di competenza intendano intraprendere con urgenza per tutelare le aziende agricole dalla crisi che la riduzione del prezzo ha determinato.

martedì 6 giugno 2017

Si ferma il petrolio di Tempa Rossa. La marchetta al compagno della Guidi è stata inutile

Tanto casino per nulla? Al momento cosi sembra. La marchetta per il compagno della Guidi approvata nell’esame notturno della legge di Stabilità in Senato non ha sortito ancora effetti.

Emendamento inserito nella legge di stabilità 2014

I lavori che la marchetta avrebbe dovuto sbloccare sono in stallo grazie alla forte opposizione della Regione Puglia che, il 21 giugno 2016, ha approvato all'unanimità una mozione in cui ha impegnato la Giunta Regionale a non concludere l'intesa nella procedura autorizzativa per l'adeguamento delle strutture logistiche della raffineria di Taranto per lo stoccaggio e la movimentazione del greggio proveniente dal giacimento Tempa Rossa della Total, i cui lavori sono affidati all'Eni. 

Il progetto Tempa Rossa è realizzato in gran parte nella valle del Sauro nel cuore della Basilicata e comprende:
Progetto Tempa Rossa
•    la messa in produzione di 8 pozzi;
•    la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e separati nei diversi sottoprodotti (grezzo, gas combustibile, zolfo, GPL);
•    la costruzione di un centro di stoccaggio GPL (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 m³) dotato di 4 punti di carico stradale. A regime l'impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo.

Il progetto, sostenuto da capitali privati, è stato approvato dal Cipe per un investimento di 1,6 miliardi di euro (1,3 sulla parte lucana e 300 milioni sulla parte tarantina).

Gli ottimisti ritengono che se venissero completati tutti gli impianti in Basilicata entro fine anno, anche se arrivasse il via libero dalla Puglia e l'autorizzazione unica ai lavori, bisognerebbe comunque attendere almeno altri due anni per la realizzazione delle opere.
Tempa Rossa - centro di trattamento del greggio

Un cul de sac di Total, determinato da un errore aziendale di pianificazione dello sviluppo del giacimento: è stata realizzata la gran parte del progetto prima ricevere tutte le opportune autorizzazioni da parte degli Enti interessati.

Per non rischiare il fermo dell’impianto, la Total ha avuto una idea che dovrebbe trovare l’opposizione dei tanti lucani. Per spostare l’olio lavorato a Taranto non sarà utilizzato l'oleodotto esistente ma 200 autobotti al giorno. Un volume che non garantirebbe il risultato economico e metterebbe a rischio l'ambientale buona parte del territorio Lucano.

Per il Sole 24 Ore, la Total ha già avviato un'interlocuzione con la Provincia di Potenza per un progetto di adeguamento di alcune strade provinciali. Il Comune di Corleto Perticara (PZ) al momento si è opposto al passaggio dei mezzi. La materia, secondo l’articolo del noto giornale economico, diventa oggetto di scambio da parte del Sindaco che chiede alla società francese l'assunzione dei 300 lavoratori locali che finito il Centro olio torneranno a casa.

Un ricatto reciproco tra laTotal è il Comune di Corleto dal quale il territorio Lucano ne uscirà ugualmente sconfitto, nel pieno silenzio della politica Lucana.


 Anche per questo sarebbe utile sostenere la petizione lanciata da ScanZiamo le Scorie "fermiamo i pozzi di petrolio in Basilicata".