"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza" di A. Gramsci.

lunedì 24 maggio 2021

A Pasquale non piace Sharon Stone

 Tutto ebbe inizio quel pomeriggio del 27 novembre 2003 quando intorno alle ore 14.10 ai cittadini in protesta da 15 giorni giunse la notizia che attendevano: Scanzano non sarebbe stata (almeno per il momento) il cimitero unico delle scorie nucleari. Così le (uniche) attività produttive del territorio, agricoltura e turismo, erano salve.

In quel momento indimenticabile sul muro di confine del Campo Base di Terzo Cavone (luogo simbolo e quartier generale della protesta), è apparsa la scritta “Qui nel luogo in cui il Governo Berlusconi voleva ubicare il deposito di scorie nucleari noi costruiremo la nostra città della pace”. Da quella scritta, opera di un attivista di Terranova sul Pollino (PZ) e di altri che in 15 giorni hanno dato una mano enorme alla protesta, nasce l’idea del premio Nobel Betty Williams, amica di Scanzano e della Basilicata, di costruire proprio a Scanzano e proprio lì dove i lucani hanno messo in piedi una battaglia simbolo di amore per la propria terra, di civiltà e compostezza e di solidarietà, una città della pace.

Si colse subito la disponibilità di Betty, una donna nota al mondo per le sue battaglie civili, a sostenere il progetto cosi da costruire, al campo base ed aree limitrofe, delle attività produttive che avrebbero potuto scongiurare l’impiego delle miniere di salgemma in cui si volevano (e forse si vogliono) stoccare le scorie nucleari mettendo in tal modo definitivamente in sicurezza il territorio.

Diverse furono le iniziative tenute dal 2003. La tenacia di Betty Williams e la sua continua presenza sul territorio portarono all’inizio di un percorso concreto per la realizzazione della Città della Pace che è iniziato con un piano di fattibilità che ha individuato le attività da svolgere nella Città della Pace.  All’esito dello studio di fattibilità si optò di coinvolgere un’ampia parte del territorio con attività diffuse tra i paesi. Scanzano sarebbe stato un punto di riferimento per tutte le attività e un centro di accoglienza per i bambini e genitori rifugiati.

Nel 2009 la Regione Basilicata, i Comuni di Scanzano Jonico e Sant’Arcangelo (PZ) insieme al World Center of Compassion for Children hanno istituito la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, testa operativa del progetto Città della pace. Dal sito internet della Fondazione (http://www.cityofpeace.it/) è possibile conoscere le sue attività e i progetti. La Fondazione ha lavorato dal 2011 per costruire nelle aree interne luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possano vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale. Tra le attività, la Fondazione supporta i rifugiati ed i richiedenti asilo. Dal sito in home page si legge che dal 2012 sono stati accolti 612 rifugiati. Di particolare interesse è stato il modello funzionale sviluppato nel Comune di Santarcangelo.

Per quanto riguarda Scanzano, la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata non ha tenuto molte attività in attesa del temine dei lavori della struttura nei pressi di Terzo Cavone in fase di completamento.

Le attività che si dovranno svolgere anche a Scanzano sono le stesse da sempre contemplate nel piano di fattibilità iniziale e nello statuto della Fondazione di cui è membro anche il Comune. Proprio perché da sempre la destinazione dell’immobile in fase di completamento è stata (anche per Statuto della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata) l’accoglienza di famiglie di rifugiati e bambini orfani che fuggono da guerre e persecuzioni, nel 2018, il Comune di Scanzano pensò bene di proporsi ottenendo ulteriori fondi dal PON legalità – Asse VII “Accoglienza e integrazione migranti” – Azione 7.1.2. “Interventi per ospitalità dei lavoratori stagionali ed il contrasto al fenomeno del caporalato” con l’impegno d’impiegare parte della struttura con questo primo progetto che concretamente ha anche un sostegno finanziario di 2 milioni di euro. Capofila del progetto è la Regione Basilicata che acquisisce la struttura per 12 anni.

Le stesse risorse sono state già liberate dalla Giunta regionale per i progetti in fase di realizzazione nei comuni di Venosa, Lavello e Palazzo San Gervaso, viceversa sono bloccati incomprensibilmente nel luogo simbolo della protesta di Scanzano contro le scorie nucleari senza alcuna motivazione. Se non si riuscisse ad impegnarle, a consegnare l’opera collaudata e a renderla operativa entro il 31 dicembre 2022, le risorse andranno perse.

Quindi, in modo coerente, l’Amministrazione non propone nessun centro di prima accoglienza, o trasferimento di clandestini etc (come qualcuno sostiene), ma un programma del Ministero degli Interni che aiuta a realizzare attraverso il sostegno pubblico un’attività di accoglienza ed integrazione di migranti identificati che dovranno lavorare nelle nostre aziende locali, assunti regolarmente per integrarli nella comunità e contrastare il caporalato.

Il progetto si inserisce nel contesto territoriale rurale in cui la struttura è ubicata, circondato da migliaia di aziende agricole che hanno un bisogno rilevante di forza lavoro.

Tutti sappiamo quanto sia importante per le nostre imprese agricole la manodopera, in particolare per la coltivazione delle fragole, pesche, albicocche, agrumi e molto altro. Sappiamo anche che senza le braccia dei migranti, un territorio rurale come il nostro soffrirebbe molto, non riuscirebbe a completare il ciclo della produzione.

La realizzazione della misura del PON legalità, porterà l’impiego di nuove figure professionali che collaboreranno allo sviluppo del progetto arricchendo il territorio.

Qualcuno vuole far credere che il territorio di Scanzano “sarà invaso da migranti” (Usiamo il virgolettato per estraniarci dal concetto che non ci appartiene), ma cerchiamo di capire con dati alla mano.

Secondo l’ISTAT, Scanzano al 1° gennaio ha una popolazione residente di 7.470 di cui 3.739 maschi e 3.731 donne. La Popolazione straniera residente 758 di cui 383 maschi e 375 donne. Quindi circa il 10% degli “scanzanesi” non è italiano. A questi andrebbero aggiunti quelli che sono presenti ma non ancora regolarizzati. Probabilmente il dato aumenterebbe. Siamo al sesto posto rispetto alla popolazione straniera e al quarto rispetto a quella romena. Gran parte di questi lavorano nelle nostre aziende.

Diciamo dunque che a voler utilizzare le espressioni di qual qualcuno e di chi gli crede, siamo già “invasi😉 e cosa ci è successo? Nulla! Siamo vicini di casa, andiamo negli stessi bar, negli stessi supermercati e lavoriamo insieme.

Altro dato che ci deve fare riflettere è quello presente nel Piano regionale integrato per il diritto allo studio dell'anno 2010/2011 in cui l'ISTAT ha elaborato un grafico dell'andamento demografico dal 2009 al 2039 nel quale si evidenzia un forte bilancio demografico negativo (meno nascite e meno popolazione), con le gravi conseguenze che ne deriveranno soprattutto sul piano dell'istruzione e della produttività. Quindi meno bambini oggi meno scuole domani e riduzione della forza lavoro dopo domani. Questo era il concetto in sostanza!! Come fare? L’integrazione è la via d’uscita. In quei bambini che accoglieremo come nei nostri, e nelle loro famiglie, c’è il nostro futuro.

Tornando al progetto Città della Pace…Il forte legame di Betty Williams con la gente di Scanzano, ha portato il progetto della città della pace e il mondo a Scanzano. A Scanzano sono venuti per la Città della Pace il Dalai Lama (il Dalai Lama!!!!), il Nobel per la pace Rigoberta Menchu  e Scharon Stone, che nel 2015 ha inaugurato l’abitazione per la Pace progettata dell’Architetto Mario Cucinella, per accogliere 3 famiglie di rifugiati a Terzo Cavone e per essere replicata in altri contesti. Un progetto che la stessa Stone ha ricordato qualche sera fa alla trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa”.

In ogni intervista e in ogni incontro ufficiale, la popolazione di Scanzano è stata elogiata per la sua bontà e come simbolo di pace e ora? È tutto fermo perché qualcuno non vuole e incute paure per pericoli che non esistono facendo perdere a Scanzano un’occasione di crescita in tutti i sensi.

Non si comprende il motivo. Forse a qualcuno non piace Sharon Stone.

 

Foto al Campo Base di Terzo Cavone – Scanzano J.co (MT), Betty Williams con il popolo di Scanzano accompagnano il Dalai Lama e il Nobel per la pace Rigoberta Menchu con il Vescovo Ligorio e Don Filippo.



domenica 4 ottobre 2020

Comunità Energetiche, il modello per ridurre i costi della bolletta in modo sostenibile

E’ stato scritto un momento storico che rivoluziona il sistema energetico del nostro Paese.

Adesso è finalmente possibile realizzare nuovi modelli di produzione e consumo di energia capaci di generare benefici diretti per chi partecipa attivamente al sistema elettrico. 

Può sembrare complicato ma il funzionamento è molto semplice. E' simile a quello della creazione degli orti, grazie ai quali i cittadini si autoproducono beni di consumo (ortaggi, spezie, frutta) risparmiando per l’acquisto della spesa giornaliera.


Ma in pratica cosa sono le Comunità Energetiche e l'autoconsumo collettivo?

Sono la possibilità (sino a pochi mesi fa era irrazionalmente vietate dalle leggi sino ad allora vigenti), per famiglie (in condomini o in singole unità abitative) Enti Pubblici e imprese di attivarsi per produrre e autoconsumare localmente e "collettivamente" l’energia prodotta da impianti di energia rinnovabile, entrati in esercizio dopo il 1 marzo 2020.

 

Il quadro regolatorio attuale individua due tipologie di configurazioni:

●    l’autoconsumo collettivo, che può essere attivato da famiglie e altri soggetti che si trovano nello stesso edificio o condominio, purché i soggetti diversi dalle famiglie non producano energia come attività principale;

●    le comunità energetiche, cui possono partecipare persone fisiche,  piccole  e  medie  imprese,  enti  territoriali  o autorità locali, comprese  le  amministrazioni  comunali, ubicati in un perimetro più ampio rispetto a quello condominiale, purché siano tutti collegati alla medesima cabina di trasformazione dell’energia di media/bassa tensione e la partecipazione alla  comunità  di  energia  rinnovabile  non   costituisca l'attività commerciale e industriale principale. 

Cittadini, Enti pubblici e Pmi possono quindi attivarsi collettivamente anche attraverso consistenti strumenti di incentivazione (superbonus, incentivo dedicato e detrazioni fiscali) per produrre e consumare energia tra loro, riducendo i costi della bolletta elettrica, alimentando la crescita economica sostenibile e abbattendo le emissioni inquinanti e i conseguenti impatti ambientali e sanitari. Di fatto spostando le marginalità economiche del sistema energetico verso gli aderenti delle configurazioni e limitandone gli impatti.

La costituzione di queste nuove realtà locali di produzione e consumo distribuito, è in grado di generare benefici strutturali diretti e indiretti, che determinano la riduzione dei costi dell'energia elettrica degli utenti che ne faranno parte, ovvero l’investimento in progetti no profit per la povertà energetica o comunque di carattere sociale o ambientale sul territorio: l’opportunità che tali configurazioni riguarda la possibilità che l’energia autoprodotta venga immediatamente autoconsumata in prossimità dell’impianto, anziché essere veicolata nelle grandi reti di distribuzione e trasmissione, facendo diminuire i costi di gestione e infrastrutturazione delle reti e i relativi impatti ambientali. 


I benefici per i membri aderenti alle configurazioni, in termini di riduzione dei costi in bolletta di alcune tariffe derivanti dal minor utilizzo del sistema elettrico, sono stati quantificati dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) in una consultazione pubblica e saranno meglio definiti e probabilmente incrementati in seguito al monitoraggio di queste configurazioni innovative (affidato ad Rse – Ricerca sul Sistema Energetico) nel quadro del completamento normativo complessivo attraverso il pieno recepimento della direttiva RED II. Tali benefici verranno erogati in un unico conguaglio, con un meccanismo semplice gestito dal GSE (Gestore dei Servizi Elettrici).


L’autoproduzione e autoconsumo di energia in queste configurazioni può avvenire anche usando gli spazi del vicino e/o altre aree idonee nelle vicinanze. Insomma, la sostanziale novità consiste nel fatto che l’energia prodotta da questi "impianti di vicinato" (anche condominiali) potrà essere condivisa con tutta la comunità e non utilizzata da un solo soggetto, garantendo in questo modo la possibilità di arrivare fino all'100% di energia autoconsumata.

Per sostenere la loro realizzazione sono stati attivati importanti strumenti di incentivazione.

Per la realizzazione delle configurazioni di autoconsumo collettivo è possibile accedere anche al Superbonus del 110%.

Inoltre, è stato emanato un decreto dal Ministero dello Sviluppo Economico che definisce una tariffa incentivante che verrà erogata dal GSE ed è volta a premiare entrambe le configurazioni.
La tariffa incentivante è strutturata per promuovere l’autoconsumo, anche tramite l’impiego dei sistemi di accumulo. Infatti, la tariffa premia solo la quota parte di energia elettrica prodotta e autoconsumata virtualmente e sarà pari rispettivamente a:
●    100 €/MWh per le configurazioni di autoconsumo collettivo;
●    110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabili. 

Fra l’incentivo MISE, contributo ARERA e il PUN (il prezzo all'ingrosso risparmiato dell'energia autoconsumata), si arriverà a un valore di 150-160 €/MWh sull’energia autoconsumata da impianti a fonti rinnovabili: si tratta di un valore pari ad oltre tre volte il normale prezzo "all'ingrosso" dell’energia (circa 50 €/MWh), e spingerà quindi le configurazioni ad orientare i propri consumi in maniera virtuosa e sostenibile per massimizzare l’autoconsumo in loco. Si innescheranno così ulteriori filiere industriali: efficienza, stoccaggi, smart home e domotica, tecniche e tecnologie per l’uso razionale dell’energia.
E’ importante far presente che per gli impianti fotovoltaici che accedono al 110% la tariffa incentivante è riconosciuta sulla produzione dovuta alla potenza eccedente quella ammessa al Superbonus (20 kW di potenza). Insomma, i condomini che faranno interventi di isolamento termico o sostituzione di impianti di climatizzazione con salto di due classi potranno avere sull’impianto fotovoltaico la superdetrazione, nonché il ritiro dedicato dell'energia immessa in rete, oltre a ricevere gli sconti applicabili sulle componenti della bolletta individuate da ARERA.

Ricordiamo anche che, nel DL rilancio, sono state inserite alcune importanti novità che riguardano le comunità energetiche; non costituiranno svolgimento di attività commerciale abituale, con la conseguente riduzione delle pratiche burocratiche per la sua creazione (praticamente quasi nulle) e operatività: l'estensione da 20 a 200 kW della detrazione fiscale del 50% per gli impianti a fonti rinnovabili, per un ammontare complessivo di spesa non superiore ai 96.000 euro" che è comulabile con la tariffa incentivante.
Gli Enti pubblici potranno cumulare la tariffa incentivante anche con altri incentivi (Fondo Kyoto, risorse per efficienza, etc).

Questo modello sarà implementato e conoscerà nuovi sviluppi con il recepimento della RED II (giugno 2021), la cui legge di delegazione è attualmente in esame al Senato.

Si tratta di una scelta politica, economica e industriale che, sostenuta da tutta questa serie di strumenti, consentirà a imprese e famiglie di partecipare attivamente all’autoproduzione di energia e intervenire nella riqualificazione energetica strutturale deal proprio edificio; una scelta che attiverà numerosi investimenti a sostegno della domanda interna del Paese e stimolerà la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro (cd green work), non solo nel comparto edile, ma anche in quello industriale e artigianale. Secondo il gruppo Energy&Strategy del  Politecnico di Milano, la diffusione al 2025 di 26.000 mila comunità (composte da circa 750.000 utenze domestiche e 150.000 utenze non domestiche) crea 6.500 nuovi posti di lavoro diretti. Inoltre, determina benefici complessivi per gli utenti delle energy community (lungo l’intera vita utile) pari a 1,4 miliardi di € al netto dei sistemi di incentivazione, di cui 540 mln € per i costi di distribuzione e trasmissione con, una riduzione delle perdite di rete per autoconsumo (lungo l’intera vita utile) pari a 74 GWh e una riduzione delle emissioni di CO2 (lungo l’intera vita utile) pari a 25,6 mln ton corrispondenti a circa 500 mln € con CO2 a 20 €/ton.

Enormi anche le ricadute positive sul lato pratico. Pensiamo solo al fatto che in Italia ci sono 20 milioni di privati cittadini che vivono all’interno di 1,2 milioni di condomini, nella maggior parte dei casi piuttosto vecchi, e che sprecano più della metà delle loro bollette.

Bene, adesso, grazie alla somma tra Superbonus e Comunità Energetiche ed autoconsumo collettivo, detrazioni fiscali e sconto delle componenti in bolletta, siamo in grado di:

●    ridurre il costo delle bollette per i condomini e le abitazioni;

●    abbassarle per tutti gli italiani grazie alla maggiore produzione e a minori costi di “stress” delle reti di trasmissione e distribuzione;

●    diminuire il fabbisogno nazionale di energia e conseguentemente le emissioni inquinanti (pensate che se riuscissimo ad efficientare ogni anno 30.000 condomini, risparmieremmo 420 milioni di metri cubi di gas, e aggiungendone ulteriori 30.000 ogni anno, al decimo anno consumeremmo 4 miliardi di metri cubi/anno in meno);

●    creare moltissimo lavoro per le nostre micro, piccole e medie imprese, con nuove entrate fiscali derivanti dall’emersione del nero.
E tutto questo rientrando dall’investimento delle spese in tempi molto molto brevi. Oppure, laddove vi siano terzi che finanzino gli investimenti alla comunità, i membri della comunità potranno anche avere sconti nella loro bolletta senza dover pagare alcuna tariffa di ingresso o di investimento, e questo è un grande supporto soprattutto nelle situazioni di povertà energetica.

Sul lato delle imprese, vi saranno ugualmente grandi opportunità di risparmio permesse dalle suddette nuove configurazioni, e vogliamo sottolinearlo, con particolare risalto per le micro imprese e per le Pmi, che, nella misura in cui sono clienti finali consumatori di energia, in quella rete potranno partecipare, insieme ai cittadini, alla comunità energetica, condividendone i benefici.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione fortemente voluta dal Presidente della Commissione Industria del Senato Gianni Girotto e i tanti che al suo fianco hanno collaborato per crearne le basi. Un enorme miglioramento strutturale nel mondo dell’energia elettrica, tanto più importante quanto più si considererà che, in un futuro molto vicino, sia la mobilità sia il riscaldamento degli edifici si sposteranno verso l’utilizzo di tale forma di energia. La norma che apre la stagione della generazione distribuita, dell’autoconsumo e delle comunità energetiche è la prima pietra su cui costruire un futuro energetico molto più democratico, legato al territorio e alle realtà locali, ambientale e pacifico, così come richiesto oggi dai tanti giovani che guardano al loro domani.

E’importante raggiungere questo obiettivo per trasformare il modello centralizzato attuale, alimentato da combustibili fossili, in un sistema decentrato ed efficiente, fatto di tecnologie innovative, energie pulite, inesauribili e non inquinanti. Si tratta di un cambiamento che sposta il baricentro della produzione e consumo di energia sul territorio, sui Comuni, sulle comunità locali, sulle piccole imprese: un nuovo paradigma che necessita di un cambio culturale del modello produttivo industriale e di nuove regole, che determineranno numerosi vantaggi e benefici collettivi per tutti.

Attualmente sono già molte le Comunità in fase di costituzione. Nei prossimi giorni sono convinto che assisteremo ad una notevole implementazione. Non potrebbe essere diversamente. Perché al di là degli schieramenti politici di ognuno è il buon senso che in questo caso prevale.

Per saperne di più sulla comunità energetica consulta:

- come richiedere l'incentivo al GSE e la modulistica necessaria; 

- il supporto del GSE per ricevere informazioni sulla creazione di Comunità Energetiche

- dossier RSE, schemi di Autoconsumo Collettivo e Comunità Energetiche;

il progetto GECO di ENEA.

domenica 16 febbraio 2020

Il PALAZZACCIO di Scanzano diventi un centro di gravità permanente

Il dibattito aperto da Filippo Mele con l’articolo “SCANZANO JONICO. TUTTI GLI UFFICI COMUNALI NEL PALAZZACCIO? BELLA IDEA, SIGNORE COMMISSARIE” merita attenzione e approfondimenti dai quali non possiamo sottrarci.

Fragole di Scanzano
La destinazione del cd “PALAZZACCIO” è stata da sempre oggetto delle campagne elettorali con diverse idee conseguentemente mai realizzate ma tutte utili a raccogliere il consenso necessario per vincere le amministrative del nostro Paese.

Negli anni ottanta l’Amministrazione di Scanzano aveva deciso politicamente che il Municipio doveva essere ubicato nel “PALAZZACCIO”. Con il cambio della guida politica dell’Amministrazione non si diede continuità all’idea e si decise di realizzare il Municipio in una lottizzazione ex novo nella area di Ferrara.

Per garantire degli spazi agli alunni della scuola elementare qualche hanno fa sono stati spostati nel “PALAZZACCIO” l’ufficio tecnico del Municipio e il comando dei Vigili (liberando i locali in pieno centro).

Di fatto, l’emergenza ha costretto in quel periodo l’Amministrazione a riprendere l’idea originale ubicando seppur in parte alcuni degli uffici del Municipio. 

Corte del PALAZZACCIO
Nel corso di questi anni il “PALAZZACCIO” ha acquisito diverse forme: un contenitore che ha unito.
Alcune attività sono state solamente inaugurate senza andare oltre. Ricordo l’Università Jean Monnet (facoltà di Medicina), la scuola superiore, un centro per la promozione dei prodotti tipici, la sede della tanto propagandata città della pace per la quale molti premi Nobel ci avevano creduto. 

Ora ospita una scuola musicale che svolge importanti attività aggregative e culturali, la biblioteca (dopo molti anni che era stata chiusa), la protezione civile e la Chiesa.

Numerose sono state le iniziative culturali che si sono svolte negli anni tra la corte, i saloni e le diverse stanze.La storia e i ricordi potrebbero essere sicuramente raccontati in modo approfondito e valorizzati meglio di quanto riportato sopra. Per questo vi invito ad utilizzare pochi minuti del vostro tempo per scaricare e leggere la storia del  “PALAZZACCIO” (Vol. 1 e Vol. 2).

Attualmente il “PALAZZACCIO” raccoglie parte importante della storia della nostra comunità con spazi già utilizzati (in buona parte per servizi dell’Amministrazione) e molti ancora da impiegare.

Personalmente credo che il dibattito aperto da Filippo, considerata la sua importanza, vada approfondito ed alimentato superando la brevità dei post sui social. L’argomento meriterebbe la creazione di un percorso incontri nei quali vengono coinvolti  la comunità e resi protagonisti  i giovani (in particolare quelli universitari delle diverse facoltà supportati dai loro Professori) ad offrire idee e magari anche qualche numero per arrivare in un tempo congruo ad un’idea/scelta di fattibilità sociale ed economica che la prossima Amministrazione potrebbe intraprendere.

Foto spiaggia di Scanzano di P- Cipriani
A caldo e in poche battute, anche io sono tra quelli che vorrebbero completare lo spostamento del Municipio nel “PALAZZACCIO”, convinto che la razionalizzazione dell’utilizzo degli spazi potrebbe far convivere l’Amministrazione con altre attività culturali e non, compreso quelle già presenti, e diventare un centro di riferimento intorno al quale costruire uno sviluppo organico del Paese.

Con franchezza, ritengo che il ragionamento sintetico non offre il giusto valore ad un immobile storico inserito in un contesto culturale, sociale, rurale, agricolo e turistico che attende la scossa per il suo rilancio. Che potrebbe partire proprio da questa idea, a mio parere da contestualizzare in un ruolo più ampio che l’edificio storico può avere sia nell’ambito urbano che in quello rurale, sulla quale noi cittadini di Scanzano J.co dovremmo impegnarci.

Foto PALAZZACCIO e P. Gramsci di M. Vena
Per capirsi, credo che parlare del destino del “PALAZZACCIO” senza considerare il ruolo del centro storico che lo affianca, degli spazi circostanti, del riutilizzo razionale degli spazi pubblici, del contesto rurale, agricolo e turistico in cui è inserito e di molto altro .. sia un dibattito tronco che non porta a nessuna parte. Per capirsi meglio. Possiamo parlare del ruolo di un edificio cosi imponente senza capire cosa possa accadere intorno? Ad esempio, in un contesto di valorizzazione del “PALAZZACCIO” che ruolo diamo agli edifici vuoti (mi riferisco a quello dove vi erano vigili urbani che qualcuno ha proposto come centro culturale e aggregativo per giovani e non solo), alle tante piazze. Paradossalmente, potremmo anche immaginare di recuperare la vecchia scuola elementare… e molto altro. Gli spazzi sono enormi come l’energie che potrebbero essere liberate dall’idea che devono essere realizzate.

Foto braccianti in sciopero in P. Gramsci nel 1960 di N. Dolce
Servono energie positive, persone di buona volontà che continuano a difendere il proprio lavoro e a credere in quello che fanno coinvolgendo e sostenendo i giovani a sviluppare idee che guardano allo sviluppo e al progresso di Scanzano J.co cosi come è stato fatto quando si pensava alla riforma agraria quando Scanzano J.co divenne comune autonomo e in altre occasioni … tutte minacciate dall’ipotesi di realizzare deposito nazionale di scorie.

Belle o brutte, nel territorio alcune esperienze sia pubbliche che private sono state realizzate. Un esempio è il recupero dei Casilini di Policoro. Realizzato con il finanziamento di un contratto di programma mostra come le cose si possono fare.

BASTA VOLERLO!

domenica 31 marzo 2019

Contro le fossili partecipa alla rivoluzione energetica. ATTO I

Partecipare alla rivoluzione energetica per evitare l’inquinamento dell’ambiente e della natura oggi è molto semplice. Basta volerlo!

Sembra strano ma basta veramente poco per essere rivoluzionari e protagonisti di un cambiamento che non possiamo più rinviare.
Non dobbiamo combattere contro nessuno. Serve concentrarsi per un attimo senza chiudere gli occhi e chiedersi solamente, IO COSA POSSO FARE?

La risposta alla chiamata per la rivolta
arriva in un momento. Non servono armi, non serve lottare. Bisogna solamente andare su internet e scegliere un nuovo fornitore di energia elettrica che sia al 100% rinnovabile.

Liberamente e in pochi minuti possiamo cambiare la nostra vita partecipando realmente alla rivoluzione.  Semplicemente, cambiando il nostro modo di consumare.

A quale prezzo? Potete valutare le diverse offerte tenendo presente il profilo dei vostri consumi. In molti casi, il prezzo dell’energia elettrica rinnovabile potrebbe anche essere inferiore rispetto al vostro fornitore attuale di energia fossile. A parità di prezzo con il fornitore attuale avrete sicuramente la riduzione delle esternalità che impattano sulla nostra salute e sull’ambiente, proprio perché la produzione da energia rinnovabile non genera emissioni inquinanti come avviene invece per le fonti fossili.

Ritenetevi liberi di scegliere un nuovo fornitore di energia green al 100%.

Personalmente ho scelto da più di un anno ènostra, il fornitore cooperativo di energia elettrica rinnovabile, sostenibile ed etica: una grande famiglia composta da 3656 soci cooperatori e 820 soci sovventori.

Cosa aspetti per diventare un rivoluzionario? Basta volerlo. Cambia subito il tuo fornitore fossile con uno 100% rinnovabile … partecipa anche … costruisci un futuro più sostenibile.




lunedì 26 marzo 2018

Calenda, non ha un programma sui rifiuti nucleari ma vuole individuare le aree per i siti nucleari

Il Ministro dello Sviluppo Carlo Calenda non è riuscito in questi anni a realizzare un Programma nazionale per la gestione nucleare ma vuole ugualmente indicare quali sono i siti in cui poter realizzare il deposito nazionale.

Come se un cittadino pur non sapendo cosa voler costruire (con quante stanza, se con il parcheggio dell'auto, la veranza, la stanza per la suocera...etc) cerca il terreno dove poter realizzare una casa.

Per capire meglio, consiglio di leggere la riflessione "Nucleare, prima della Cnapi serve un programma" pubblicata da Staffetta Quotidiana: https://goo.gl/3VNr4S


Casa rosada ed internet point ScanZiamo le Scorie - Scanzano J.co 2003.

domenica 18 marzo 2018

Deposito nucleare, in attesa della Carta qualcosa potrebbe cambiare

I rifiuti nucleari in Italia
 Di Pasquale Stigliani, pubblicato su Terre di Frontiera

Le attese per la pubblicazione della Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale di scorie non sono ancora svanite. Le mancate promesse di Carlo Calenda - già ministro allo Sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni - lasciano nell’incertezza chi vorrebbe conoscere il destino dei rifiuti nucleari italiani allocati in diversi centri sparsi tra nord e sud, con enormi problemi di gestione per garantire la sicurezza, la salute e la tenuta dei conti, tra costi in aumento e costi non ancora stimati. In questo scenario, la Commissione Tecnica di Verifica dell’impatto ambientale non ha potuto approfondire e valutare i potenziali effetti ambientali indotti delle attività di realizzazione e di esercizio del Deposito nazionale. E spuntano le alternative.

La stima dei costi per la messa in sicurezza delle scorie nucleari italiane continua a salire: 7,2 miliardi di euro. Ovvero 400 milioni più rispetto ai 6,8 miliardi precedenti. Dal 2001 il programma di smantellamento nelle mani della Sogin è stato realizzato solo per il 26 per cento, costando però 3,2 miliardi di euro che equivalgono al 44 per cento del budget. A questi numeri vanno aggiunti i 1,5 miliardi previsti per la realizzazione del deposito di scorie nucleari ed il costo di esercizio annuale non ancora stimato.

IL CAMMINO IN SALITA DELL’ITALIA
Mentre sulla lista della spesa abbiamo delle certezze seppur amare, dal 2001 - anno della protesta civile di Scanzano Jonico che costrinse il governo a rivedere la decisione di realizzare il deposito unico di scorie in Basilicata - il cammino intrapreso per la sistemazione dei rifiuti nucleari rimane ancora in salita e senza chiarire qual è la soluzione che il Paese ha deciso di intraprendere.
I chiarimenti potrebbero arrivare dall’approvazione del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, nel quale sarà indicata la strategia italiana per la sistemazione dei lasciti nucleari. A tal proposito, in un’audizione parlamentare datata giugno 2017, l’allora ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha dichiarato che la pubblicazione della Cnapi sarebbe avvenuta successivamente all'approvazione del Programma nazionale.
La proposta del Programma - sul quale è stata aperta una procedura di infrazione europea per i ritardi nell'approvazione - attualmente è sottoposta alla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas). Nella fase di partecipazione della procedura sono stati coinvolti numerosi soggetti che hanno presentato osservazioni al Programma nazionale facendo emergere una serie di aspetti che necessitano di risposte immediate mediante l’emanazione di un provvedimento dei ministeri competenti.

I PARERI DELLA COMMISSIONE TECNICA DI VERIFICA DELL’IMPATTO AMBIENTALE
Per capire cosa potrebbe emergere dal provvedimento è necessario approfondire il corposo parere che la Commissione Tecnica di Verifica dell'impatto ambientale ha inviato ai ministeri. Il documento della Commissione esprime il proprio parere su diverse parti del Programma. La Commissione prende atto che “in linea di principio, anche in Italia dovrebbe essere realizzato un deposito geologico”, tenendo anche conto di offerte nel quadro degli accordi internazionali che potranno concretizzarsi. Inoltre, si ritiene necessario chiarire se l’individuazione di un eventuale sito di smaltimento geologico per i rifiuti ad alta attività è da riferirsi esclusivamente alle opportunità derivanti da accordi internazionali per realizzare all’estero tale struttura.

Ipotesi di deposito geologico

 La Commissione, in sostanza, intende capire se l’opzione di realizzare un deposito geologico nazionale possa essere esclusa nel caso di accordi internazionali. Al tempo stesso, si richiedono chiarimenti anche se “l’immagazzinamento provvisorio di lunga durata” dei rifiuti ad alta attività sarà svolto per un periodo di 50 anni o è previsto un “prolungamento della vita utile delle strutture e dei sistemi per un tempo aggiunto”.Rispetto al Deposito nazionale, non essendo possibile definire al momento un ambito di influenza potenziale - nonché un adeguato livello di definizioni delle soluzioni ingegneristiche che verranno adottate - la Commissione non è stata in grado di approfondire e valutare i potenziali effetti ambientali indotti delle attività di realizzazione e di esercizio del Deposito nazionale. Ha, inoltre, valutato che la proposta di Programma non comprende il processo di localizzazione del Deposito e del Parco Tecnologico, precisando che seppur la fase di localizzazione del Deposito è parte integrante delle tappe significative del Piano, ci sarà una Valutazione ambientale strategica specifica per questa fase, successivamente alla pubblicazione della Cnapi.

I RIFIUTI RADIOATTIVI AMBIENTALI
Tra gli argomenti sollevati nel parere della Commissione Tecnica, quello dei rifiuti radioattivi industriali è stato un tema oggetto di grande attenzione. Ritenendo insufficiente il quadro descrittivo del Programma su questa tipologia di rifiuto radioattivo, la Commissione chiede di approfondire tutte le tipologie di rifiuti radioattivi provenienti da attività industriali - i cosiddetti Norm, a breve emivita di origine sanitaria - al fine di individuare azioni idonee alla loro gestione; approfondire la descrizione e la valutazione dell’impatto dei rifiuti provenienti da attività industriali per il conferimento al Deposito nazionale, nonché definire idonei indicatori di monitoraggio; approfondire il tema dei “rifiuti radioattivi provenienti da attività di bonifica” sia dal punto di vista descrittivo che delle relative valutazioni.
Con riferimento ai rifiuti provenienti da attività industriale si richiede, per le situazioni già censite, di approfondire gli elementi descrittivi e la valutazione dell’impatto nelle condizioni attuali di stoccaggio e per le successive modalità di gestione fino al conferimento al Deposito nazionale, nonché di definire idonei indicatori di monitoraggio. Un lavoro non semplice da descrivere, se tenessimo conto anche delle numerose aree industriali in cui si necessita di bonificare. Certamente un’ampia attività descrittiva del Programma permetterà di quantificare i volumi reali che verranno conferiti nel deposito. Per tali ragioni la Commissione ha chiesto anche di integrare ulteriori approfondimenti sul dimensionamento del Deposito nazionale.

POSSIBILI ALTERNATIVE AL VAGLIO?
Relativamente alle possibili alternative, la Commissione ritiene necessario integrare l’analisi con la strategia di “brown field”, ossia della trasformazione degli attuali siti nucleari in depositi di se stessi, rispetto alla realizzazione del Deposito unico.
Sulla Valutazione di impatto ambientale, invece, dovrà essere condotta un’approfondita indagine epidemiologica che abbia inizio prima della costruzione del Deposito unico e che prosegua durante il suo funzionamento. Un argomento questo che apre diverse considerazioni rispetto agli impatti cumulativi. Per la Commissione si devono identificare e valutare i potenziali impatti ambientali, sociali ed economici derivanti dalla presenza, nel medesimo ambito territoriale, di più programmi e/o piani di rilievo che potrebbero, ad esempio, essere rappresentate dalle attività di estrazione di idrocarburi.
Inoltre, secondo la Commissione i criteri di esclusione ed approfondimento della Guida Tecnica n.29 andrebbero integrati al fine di prevenire effetti negativi sulla matrice acqua e sugli ecosistemi ad essa connessi. Si specificano, in questo modo, ulteriori criteri discriminanti per la localizzazione del Deposito unico nazionale da includere nel Programma, così da assicurare una maggiore tutela per il territorio interessato e, in particolare, al sistema delle acque superficiali e profonde.

LA GUIDA TECNICA N.29 DELL’ISPRA È O NON È VINCOLANTE?
All’interno della bozza di Programma nazionale - nella parte in cui si sostiene che “le guide sono usate come strumenti di riferimento durante il procedimento di autorizzazione. Esse non hanno carattere vincolante ma, in caso di non inosservanza, il richiedente o il titolare dell’autorizzazione è tenuto a dimostrare di aver posto in essere misure di protezione alternative equivalenti” - ci sono delle evidenti incongruenze. La Commissione riconosce ai criteri individuati dall’Ispra il carattere dell’inderogabilità, in assenza del quale la scelta del deposito diventerebbe arbitraria.

IL TRASPORTO DEI RIFIUTI NUCLEARI
L’argomento relativo al trasporto dei rifiuti nucleari è certamente da approfondire. Dal ministero dell’Ambiente ritengono necessario che ad essere valorizzato sia il criterio di prossimità, il quale porta ad individuare i siti di stoccaggio il più vicino possibile ai maggiori produttori di rifiuti nucleari a livello europeo. L’applicazione di tale criterio, su scala italiana, consentirebbe di ridurre rischi ambientali e sociali derivanti dal trasporto dei rifiuti radioattivo.

C’È ANCORA DA ATTENDERE
Quali argomenti i ministeri competenti decideranno di accogliere nel documento finale, la cui firma tarda ad arrivare, lo vedremo nei prossimi giorni. Dopodiché, per la definizione del Programma e l’invio alla Commissione europea per la validazione, dovremmo ancora attendere il passaggio alla Conferenza delle Regioni e al Consiglio dei ministri. Un percorso apparentemente semplice che richiederà del tempo, soprattutto in questa fase di nuovo assetto istituzionale. E chissà che dopo tutto questo tempo si riesca a cambiare qualcosa e il governo riesca a far capire qual è la decisione.




 


giovedì 18 gennaio 2018

E’ assalto alla bellezza. Eni vuole perforare altri pozzi in Basilicata

Agrumi e brochure di promozione del territorio Lucano
Dobbiamo difendere la bellezza e il capitale naturale della nostra terra dall’assalto delle compagnie petrolifere.
Seppur molti Lucani si sono già espressi con oltre 6150 le firme raccolte con la petizione “Fermiamo i pozzi di petrolio in Basilicata” (https://goo.gl/VsHWuz) contro lo sfruttamento petrolifero del territorio lanciata dall’Associazione ScanZiamo le Scorie, l’Eni avanza un nuovo assalto chiedendo alla Regione Basilicata e al Ministero dello sviluppo economico la possibilità di modificare il Programma dei Lavori di ricerca e sviluppo della concessione di coltivazione idrocarburi “Val d’Agri”.

La concessione “Val d’Agri”, di cui ENI S.p.A è contitolare con la società Shell Italia E&P S.P.A. che detiene il 39,23%, deriva dall'unificazione delle preesistenti concessioni Grumento Nova e Volturino di cui al D. M. del 28 dicembre 2005, con scadenza al 26 ottobre 2019. All’interno della concessione sono presenti due giacimenti: nell’alta Val d’Agri, a circa 20 km a Sud-Est delle città di Potenza e su un’area in parte montuosa ed accidentata dell’Appennino Meridionale Lucano, in parte costituita dal fondo valle del fiume Agri.Già nel marzo del 2017, quando tutta l’attenzione era rivolta allo sversamento delle 400 tonnellate di petrolio dal COVA – ENI di Viggiano (PZ), veniva accolta una prima richiesta di ENI con il conseguente differimento dei termini di realizzazione dei lavori e sviluppo al 26 ottobre 2019, coincidente con la data della scadenza della concessione.
Eni, conseguenze del Petrolio in Val d'Agri - Emiliano Albanesi

Nella richiesta presentata il mese scorso, il programma dei lavori di ricerca prevede la conferma della perforazione di 2 pozzi denominati “S. Elia” e “Serra del Monte – Montemurro”, con iter autorizzativi in corso o in fase di attivazione. Per il programma dei lavori di sviluppo si prevede la conferma della perforazione di 3 pozzi denominati “Monte Enoc 6 OR”, “Monte Enoc 7OR” e “Cerro Falcone” (con iter autorizzativi in corso), la conferma della perforazione di 2 pozzi denominati “Caldarosa 2” e “Caldarosa 3” (con iter autorizzativi in corso), la realizzazione di piazzole necessarie all’utilizzo dei pozzi, completamento di condotte dei pozzi e molte altre attività su altri pozzi tra le quali quelle di work-over/side-track che in parte sono in fase di esecuzione o con iter autorizzativi in corso.
Nell’“Istanza di Variazione del Programma dei Lavori di ricerca e sviluppo” si fa presente inoltre che la modifica del programma dei lavori si rende necessaria in quanto l’ENI S.p.A intende perforare un nuovo pozzo denominato “Alli 5” da realizzare nella piazzola prevista per i pozzi “S. Elia1” e “Cerro Falcone 7”, con l’obiettivo di ottimizzare il recupero dei volumi dell’area a nord-ovest dei pozzi “Alli 1 OR”, “Alli 2 OR”, ed “Alli 4 OR”.

Tutte le attività individuate dall’Istanza secondo le indicazioni dell’ENI S.p.A saranno realizzate entro il 31 dicembre 2025, previo il rinnovo del termine di vigenza della Concessione di coltivazione idrocarburi “Val d’Agri”, in scadenza al 26 ottobre 2019.

La perforazione di altri pozzi petroliferi alimenta lo sviluppo distorto nella nostra terra che ha già
prodotto notevoli danni. Inoltre, il petrolio della Basilicata non è più considerato "strategico" nell'ambito della strategia energetica nazionale adottata dal Governo Gentiloni il 10 novembre scorso.

È giunto il momenti di far sentire di nuovo la nostra voce; la popolazione lucana si mobiliti come nel 2003, nelle giornate della civile protesta di Scanzano, per difendere la propria salute, per tutelare gli interessi delle attività produttive che investono e lavorano in agricoltura e nel turismo e per garantire un futuro ai propri figli. Il Presidente Marcello Pittella ha dichiarato che non avrebbe autorizzato altre trivelle sia in mare che in terra. Adesso dimostri che le sue non sono promesse da marinaio e  non perda altro tempo.