Mentre in Inghilterra la procedura per realizzare un deposito sotterraneo viene sospesa in Italia si attende l'imposizione di una scelta. Un'analisi di Pasquale Stigliani
Successivamente al famigerato decreto “Scanzano” (v. Staffetta 02/07/10),
il legislatore nazionale ha individuato nel D.lgs. n. 31/10 la
disciplina per la localizzazione e la realizzazione del deposito
nazionale destinato allo smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e
media attività e al solo immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga
durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato.
L'indicazione, osserva la Commissione parlamentare di inchiesta sulle
attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella relazione sulla
gestione dei rifiuti radioattivi in Italia approvata nella seduta del 18
dicembre 2012, è chiara in merito alla scelta della soluzione
temporanea di lungo termine per i rifiuti di terza categoria e del
combustibile nucleare irraggiato, mentre non è altrettanto esplicita per
quanto attiene al tipo di deposito – di superficie o geologico – per i
rifiuti di seconda categoria. Tuttavia, secondo la Commissione, diversi
elementi rinvenibili nel decreto portano a concludere che il legislatore
abbia fatto implicito riferimento a un deposito di superficie.
In
merito al destino finale dei rifiuti ad alta attività, al termine della
fase di immagazzinamento provvisorio di lunga durata, la Commissione
precisa riportando la dichiarazione del Ministro Passera nella audizione
del 7 marzo 2012 in cui si esprime piena fiducia che, anche in
considerazione dei limitati volumi di tali rifiuti, si possa giungere ad
una soluzione regionale europea: viste le esigue quantità detenute, si
guarda con interesse alla realizzazione di un sito di stoccaggio europeo
intensificando le forme di cooperazione tra i Paesi interessati alla
gestione condivisa di questi rifiuti. Il Ministro precisa che a tal fine
è stato costituito un working group multinazionale per valutare la
fattibilità della costituzione di un'organizzazione europea senza fini
di lucro per lo sviluppo del deposito. Questa organizzazione dovrebbe
chiamarsi ERDO (European repository development organisation) e dovrebbe
portare alla realizzazione di uno o più depositi geologici condivisi in
Europa.
Quinti, le
criticità della gestione dei rifiuti nucleari vorrebbero ad essere
risolte all'interno di un percorso europeo indicato dalla direttiva
70/2011/Euratom con la realizzazione di uno o più depositi geologici. I
paesi europei dovranno sottoporre i loro primi programmi nazionali alla
Commissione entro il 23 agosto 2015 indicando i tempi per la costruzione
e le modalità di finanziamento dei depositi finali.
Va
segnalato che l'esperienza internazionale rispetto alla realizzazione
dei depositi geologici non ha prodotto risultati. Da decenni è indagata
la fattibilità del deposito geologico di profondità in argille, granito o
sale, dove richiudere “per sempre” tali scorie. Questa scelta, seguita
da Francia, Finlandia, Germania, Svezia, Inghilterra è tuttavia oggetto
di un ampio dibattito, essendo in discussione la sua pratica
fattibilità, la sicurezza e la sostenibilità economica. Ad oggi, sono
stati realizzati vari laboratori sotterranei sperimentali e di ricerca,
ma nei pochi depositi geologici operativi sono stati riscontrati
problemi, come nel sito tedesco di Morsleben, miniera di sale che sta
ora strutturalmente cedendo, dimostrando l'inaffidabilità delle rocce
saline, e nel deposito del Monte Yucca negli USA (ritenuto oggi
insicuro, costato 10 miliardi di dollari). Anche i francesi, alle prese
con il progetto del sito sotterraneo nel Meuse, si cautelano definendolo
“sperimentale”.
Dall'Inghilterra
in questi giorni giunge la notizia che il Cumbria County Council,
l'amministrazione del territorio in cui sorge anche la centrale nucleare
di Sellafield, dopo quattro anni di discussione e accordi ha bocciato
lo stage four di esplorazione del sito, una fase necessaria per la
realizzazione di un deposito sotterraneo profondo. Per il leader del
Cumbria County Council, Eddie Martin, “non è il posto geologicamente
migliore nel Regno Unito e gli sforzi del Governo devono concentrarsi
sullo smaltimento sotterraneo delle scorie nel posto più sicuro, non nel
più facile. La Cumbria ha un paesaggio unico e di fama mondiale, che ha
bisogno di essere amato e protetto.” Ciò che emerge di interessante non
è la passione del leader in difesa della bellezza del territorio ma la
procedura adottata dal legislatore nazionale per l'individuazione del
sito. La scelta si basa sulla volontà delle comunità locali di accettare
di ospitarlo, ma è previsto anche il diritto di tornare indietro dal
processo amministrativo di decisione in qualsiasi momento. Un principio
copiato alla base di programmi di successo per la realizzazione dei
depositi nucleari in Finlandia e Svezia. Innanzi all'ostruzione, il
Dipartimento dell'energia e dei cambiamenti climatici è convinto che il
processo sarà portato a termine intraprendendo “un rinnovato slancio per
entrare in contatto con altre comunità che possono essere interessate e
in grado di ospitare un sito di smaltimento”. Il caso inglese, terra
della Magna Charta Libertatum, è l'esempio di uno stato civile che
affronta in modo costruttivo il problema garantendo i diritti di
partecipazione e di informazione dei cittadini nelle scelte che li
coinvolgono.
L'esperienza anglosassone è molto diversa dalla procedura individuata in Italia.
Infatti,
già nella II fase della procedura per la localizzazione e
l'autorizzazione del deposito nazionale – Intesa sulle aree idonee, se
non ci sarà una manifestazione di interesse da parte delle Regioni ad
ospitare il deposito in una delle aree del proprio territorio
preventivamente individuate dalla SOGIN quali aree idonee alla
localizzazione, nel rispetto dei criteri indicati dall'ISPRA, quale ente
di controllo, il decreto dispone l'eventuale raggiro dell'opposizione
delle Regioni e dei Comuni con l'imposizione della scelta da parte di
altri poteri istituzionali. Una impostazione tutta italiana che nasce
nella culla della Magna Grecia ma mina i diritti fondamentali dei
cittadini con il rischio di sollevare conflitti istituzionali e sociali
senza alcuna risoluzione del problema.
In
allegato è disponibile la relazione finale della commissione
parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti.
© Riproduzione riservata da Staffetta Quotidiana
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